mercoledì 24 febbraio 2010

Lo sport è “fuori”. O no ?


Dal sito http://www.tifosirosanero.it/ un bell'articolo dell'amico Vitogol

La splendida iniziativa a supporto ideale della lotta degli operai di Termini Imerese partita da queste pagine virtuali ha portato il nostro piccolo grande sito all’attenzione della stampa e della pubblica opinione. Testate giornalistiche prestigiose come l’Ansa, la Gazzetta dello Sport e Repubblica hanno diffuso la notizia. Abbiamo con grande soddisfazione registrato le immediate e favorevoli prese di posizione da parte della Società, nelle figure del Presidente Zamparini e del suo vice Miccichè e da parte della squadra, nella figura del capitano Fabrizio Miccoli.

Ringraziamo tutti coloro che si sono schierati dalla nostra parte. Che è poi la stessa di coloro che, nel pieno della propria maturità personale e lavorativa, assistono con angoscia all’evoluzione di una vicenda che potrebbe in breve portarli all’infelice condizione di disoccupati. Pur nella quasi unanime adesione all’iniziativa, girando un po’ su Internet (ed anche su questo stesso sito) mi è capitato di registrare qualche voce di polemica e di dissenso.

C’è stato chi ha polemicamente ricordato al Capitano il recente acquisto del famoso orecchino di Diego Maradona. Come se esprimere un pensiero di solidarietà a chi è in difficoltà economica equivalesse ad un’incomprensibile alienazione del legittimo diritto di spendere come si crede il proprio denaro. C’è stato chi ha scritto che ai giocatori di calcio, viziati bambinoni sempre intenti a correre dietro alla velina di turno, non gliene frega un bel niente degli operai. Della serie: “Facciamo di tutta l’erba un fascio”.

C’è stato chi ha dissentito con l’iniziativa ribadendo un principio su cui sono stati spesi fiumi di inchiostro: “lo sport deve essere lasciato fuori dalla politica”. Ciascuno la pensi come vuole. Io penso la mia e la dichiaro. La valenza sociale e politica dello sport non può essere negata. Cito alcuni esempi di eventi sportivi che, a ragione, sono stati caricati di significati politici e sociali che hanno aggiunto, e non tolto, valore al mero fatto agonistico.

Vado così a memoria, certo che tra gli amici che mi leggono qualcuno ricorderà episodi che dimentico. Nel 1974, ai Mondiali di Calcio in Germania, la vittoria dei Tedeschi poveri dell’Est per 0-1 in casa dei cugini ricchi dell’Ovest fu salutata con cortei e manifestazioni di piazza del tutto inconsuete nella patria dei Vopos e della Stasi. Nel 1976, dopo aver conseguito la qualificazione alla finale di Coppa Davis da giocare a Santiago contro i cileni di Pinochet, i tennisti italiani si trovarono “presi in mezzo” ad una discussione aspra tra coloro che sostenevano che essi non avrebbero dovuto giocare (regalando un trionfo a Pinochet e ai suoi) e coloro che, temendo di vanificare il risultato del campo, affermavano che “la politica deve restare fuori dallo sport”.

Dopo lunghissime polemiche, la spedizione partì. I nostri tennisti andarono a Santiago e vinsero quella che resta l’unica Coppa Davis vinta dall’Italia. Tuttavia, essi non mancarono di mandare un “messaggio” al mondo scegliendo, in occasione del doppio decisivo giocato da Adriano Panatta e Paolo Bertolucci, di indossare un’inedita, ma chiarissima, maglietta rossa. E come dimenticare la guerra delle Malvine-Falklands del 1982 e la “vendetta” sportiva contro gli odiati inglesi con il gol di “mano de Dios” da parte del grande Maradona in uno stadio Azteca pavesato di bandiere bianco-azzurre e di striscioni “Malvinas argentinas” ?

No, lo sport non è fuori dalla vita sociale. Ne è parte integrante. In effetti, lo sport è una metafora stessa della vita. Come nella vita di tutti i giorni, nello sport il successo arride a chi ha talento. A chi sa soffrire e combattere con forza, pazienza, astuzia e umiltà. A chi sa scegliere i propri compagni e costruire con essi “una squadra”. A chi sa prevedere e annullare gli attacchi dell’avversario. A chi sa approfittare di un’occasione fortunata.

Per tornare alla nostra squadra e alla partita di Torino, la valenza “sociale” dell’evento è incontestabile. Non c’è aspetto della vita sociale in cui la nostra città rivesta la posizione di prestigio che riveste nel calcio. Ciò lo dobbiamo, non dimentichiamolo mai, alla passione, al fiuto e al denaro di un carissimo, impagabile, logorroico “polentone”. A Palermo non funziona nulla: il traffico, la raccolta dei rifiuti, i servizi sociali, i trasporti pubblici, l’edilizia popolare.

Non è sorprendente dunque che la città di Palermo sia relegata in coda a tutte le classifiche italiane di “qualità di vita” stilate da periodici e agenzie specializzate. In marcato contrasto, la squadra denominata “Città di Palermo” risiede regolarmente nella posizioni di testa della classifica di Serie A e si appresta a gettare il suo guanto di sfida alla squadra più prestigiosa del calcio italiano. Una squadra di proprietà degli Agnelli che porta stampato sulla maglietta un marchio di quella stessa holding industriale che, dopo aver attinto a piene mani nel pozzo di San Patrizio del patrimonio dello Stato, oggi pretende dal potere pubblico “mani libere” e libertà di licenziamento e di chiusura di uno stabilimento con conseguenze gravissime sul tessuto sociale della nostra Regione.

A questo punto, il mio polemico pensiero va a coloro che si muovono dai Paesi della Sicilia per venire al Barbera a tifare contro il Città di Palermo e per le squadre degli Agnelli (o dei Moratti, o dei Berlusconi). A coloro che al Barbera esultano all’annuncio che il Catania ha perso a Udine. A coloro che al Massimino esultano all’annuncio che il Palermo ha perso contro il Chievo Verona. Ma questo è forse un altro discorso.

Concludo ribadendo che la nostra iniziativa non può avere il fine di risolvere un problema grande come questo. Come ha osservato qualcuno, la nostra solidarietà e l’auspicata vittoria dei nostri splendidi ragazzi non daranno un lavoro agli operai di Termini, né un solo pasto ai loro figli. Vittoria o sconfitta sul campo che siano, la nostra vittoria sarà quella di rassicurare loro sul fatto che un’intera regione, quella dei Siciliani veri e fieri, quella del “Città di Palermo” di Zamparini e di Miccoli, è dalla loro parte. Nelle lacrime di dolore di una sconfitta e in quelle di gioia di una grande ed insperata vittoria.

Un abbraccio rosanero da Vitogol

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